PIEVE DEL GRAPPA
Avrebbe dovuto salire sul palco dell’Ariston in ricordo di Giovanbattista Cutolo. Poi le esigenze televisive sono cambiate, ma Michele Orlando guarda oltre. «E’ stato comunque bello vedere il corno in prima serata, anche se legato ad una storia così dura». Vent’anni e un sogno: diventare un solista. Il suo strumento è il corno. Ed è proprio questa assonanza ad avergli fatto incontrare la madre di Giovanbattista Cutolo, il 24enne napoletano ucciso mentre cercava di sedare una lite tra coetanei. Così alla premiazione di un concorso vinto Michele ha incontrato Daniela di Maggio, madre del cornista ucciso in piazza del Municipio la scorsa estate. Nato nel 2003, talentuoso e determinato, Michele è figlio d’arte. Suo padre è infatti Corrado Orlando, primo clarinetto del Teatro Carlo Felice di Genova. Ma il suo vero apprendistato è stato in banda, nella gloriosa Società Filarmonica di Crespano del Grappa. Oggi Michele sta concludendo gli studi al Conservatorio Pedrollo di Vicenza, ha appena vinto una prestigiosa borsa di studio alla Filarmonica della Scala e spera di perfezionarsi al Mozarteum di Salisburgo.
Come ha conosciuto la mamma di Giovanbattista Cutolo?
«A ottobre è stato fatto il Concorso per il premio nazionale delle arti, quest’anno era a Vicenza e l’ho tentato anche per provarmi e studiare. Il fatto purtroppo era appena accaduto, e la giuria aveva deciso di dedicare il premio alla scomparsa di Giovanbattista. Io sono risultato vincitore e alla serata della premiazione, era presente anche la mamma del ragazzo».
Che sensazioni le ha dato la serata di martedì a Sanremo?
«E’ stato comunque un momento toccante, intenso. Avrei dovuto suonare un pezzo accompagnato dall’orchestra, “Maria” da West side story di Leonard Bernstein. Poi la scaletta è cambiata, ma non importa. Credo sia stato in ogni caso un bellissimo gesto».
Di solito guarda Sanremo?
«Non ho visto in effetti molte edizioni di Sanremo, più che altro per questioni di tempo. Mi è piaciuta molto l’idea che il corno, strumento generalmente lontano dai riflettori, possa emergere in prima serata».
A giugno dovrebbe laurearsi in Conservatorio, quali sono i progetti per il futuro?
«Dopo il triennio il progetto è di andare a fare un master di due anni al Mozarteum a Salisburgo».
Lei è figlio d’arte. Come è approdato a questo strumento?
«Fin da piccolo ero attratto dagli ottoni, inizialmente era partita un’attrazione quasi irreale per la tuba ma poco dopo sono passato al corno. La passione è scattata grazie alla fiaba di Pierino e il Lupo di Prokofiev: avevamo a casa la videocassetta con la versione diretta Abbado e narrata da Benigni. E’ stata determinante».
C’è un solista cui si ispira?
«Il mondo è pieno di cornisti straordinari, dei musicisti di altissimo livello. Se dovessi citarne uno in Italia direi senza dubbio Alessio Allegrini».
Musicalmente è nato all’interno della banda.
«La società filarmonica ha una tradizione di due secoli. E proprio all’interno del bicentenario abbiamo organizzato l’estate scorsa una settimana di concerti e di musica».
Il suo futuro sarà in orchestra o vorrebbe provare la carriera da solista?
«Io vorrei provare a misurarmi con il mondo del solismo. Non è una strada facile, ma sento di doverci provare. Intanto tra pochi mesi debutterò anche con l’orchestra Gruppo d’Archi Veneto con cui suonerò il quarto concerto per corno e orchestra di Mozart. E’ importare poter affrontare grandi capolavori con un’orchestra che ne dia la possibilità. Per questo sono grato all’orchestra e a Fiorella Foti».
Ritiene che l’Italia le possa offrire le giuste occasioni?
«In Italia ci sono grandi teatri, ma è innegabile che all’estero ci siano più possibilità».
Nel suo percorso, qual è l’emozione più bella vissuta fino ad ora?
«Senza dubbio l’audizione alla Filarmonica della Scala che ha deciso di attribuirmi la borsa di studio Maura Giorgetti. E’ stata un’emozione grandissima, perchè questo sostegno nella formazione musicale è un piccolo trampolino di lancio. Da lì sono passati giovani musicisti che hanno poi fatto grandi carriere quindi… incrociamo le dita!».
Elena Filini